Il direttore della struttura, a sua insindacabile discrezione, poteva concedere alle gentili signore e signorine che vi giungevano di dormire nelle camere del primo piano. Fotogallery di cartoline d’epoca
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Linaugurazione della torre |
APPENNINO. Sorgeva proprio sulla vetta più elevata dell’Appennino settentrionale. Era l’osservatorio del Monte Cimone, una robusta torre ottagonale, in pietra da taglio, alta circa 12 metri, costituita da tre piani e un terrazzo dotato di un ampio parapetto, su cui erano tracciate delle linee indicanti i principali punti del vasto orizzonte, che a quest’altezza è possibile ammirare.
L’idea della costruzione nacque a Modena nel 1852, ma solo nel 1880 ci fu la volontà di realizzarla per impulso ed opera del prof. Pietro Tacchini dell’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma.
Vi contribuirono: il Ministero della Pubblica Istruzione, la Provincia di Modena, le sezioni Cai di: Enza, Bologna e Firenze, oltre a numerosi altri enti e privati.
I lavori, svolti sotto la direzione dello stesso Tacchini e dell’ing. Coppi, durarono fino al 1891 e l’anno successivo, il 27 settembre, venne inaugurata.
Per mezzo secolo, come si legge nella targa in suo ricordo, è stato un faro di scienza e civiltà.
Dopo il 1922 iniziò un lento e inesorabile declino. Venne restaurata nel 1934, per poi essere abbandonata. Durante la Seconda guerra mondiale cadde a terra.
Oltre agli studi in campo meteorologico, la struttura assolse anche a compiti di accoglienza, tanto che nei pressi vennero aggiunte delle capanne con letti e brande per l’alloggio dei molti turisti, che giungevano sulla cima dopo svariate ore di cammino da: Sestola, Fanano, Pievepelago o dal passo dell’Abetone.
Il direttore della struttura, a sua insindacabile discrezione, poteva concedere alle gentili signore e signorine, che qui giungevano, di dormire nelle camere del primo piano.
Dell’antica torre non rimangono che delle rovine, alcune testimonianze fotografiche e la targa ricordo apposta nel centenario dall’inaugurazione dal Comune di Sestola.
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