Terrecotte invetriate di Santi Buglioni |
L’utilizzo della terracotta invetriata in campo artistico, ebbe una notevole diffusione nel Rinascimento, grazie a Luca della Robbia (Firenze, 1400 – 1481), che, con geniale intuizione, applicò lo smalto stannifero[2], già utilizzato nella produzione della maiolica, alle opere scultoree[3].
Per le sue caratteristiche di materiale resistente all’umidità, alle escursioni termiche, nonché alla convenienza economica rispetto ad altri materiali come il marmo, trovò grande favore d’impiego tra le popolazioni della Montagna Pistoiese[4].
PALA SINISTRA: ADORAZIONE DEL S.S. SACRAMENTO
Santi in adorazione |
La prima figura è San Giovanni Battista, vestito della tipica pelle di cammello, con il bastone da viandante[7] e con, sull’avambraccio destro, il motto latino agite penitentiam[8], cioè fate penitenza o pentitevi.
Il secondo santo in piedi, accanto al Battista, è di difficile identificazione e nemmeno i due elementi distintivi, la spada rivolta verso il basso e il libro stretto dalla mano sinistra al petto aiutano più di tanto a identificarlo.
Potrebbe trattarsi, come avanzato da Giuseppina Carla Romby[9], di San Martino di Tours, patrono dei fabbricanti di maioliche[10] e forse per questo ritratto anche nell’altra pala dedicata alla Crocifissione, oppure di Sant’Ansano, come riportato da Gabriella Aschieri[11] o di San Galgano.
Non vi sono invece dubbi nell’identificare la figura inginocchiata in Sant’Antonio Abate, riconoscibile per il caratteristico attributo iconografico del porcellino posto ai suoi piedi[12].
Gli altri tre santi, posti sull’altro lato del tabernacolo, sono probabilmente: San Giacomo di Zebedeo, detto anche San Jacopo, apostolo di Gesù e fratello di Giovanni evangelista, con in mano il bordone, tipico bastone dei pellegrini[13]; San Tommaso Didimo, uno dei dodici apostoli con un crocifisso[14]; infine, un santo inginocchiato con la barba, un libro e delle castagne.
Sulle tre specchiere visibili del tabernacolo, la cui base esagonale è adornata di foglie d’acanto, sono raffigurati: San Paolo, la scena della Resurrezione di Cristo e San Pietro[15].
I quattro angeli in volo sorreggono altrettanti simboli della Passione: la lancia, il flagello, la corona di spine e la spugna.
Una ghirlanda di frutta a forma di arco, interrotto all’apice da un cherubino, incornicia l’intera scena su sfondo azzurro.
Il bordo inferiore sinistro, sotto la tonaca di San Antonio Abate, sembra asportato, segno, forse, del danneggiamento subito dall’opera d’arte il 7 luglio 1910 quando, “durante la notte i ladri, penetrati in Chiesa segando un pannello della porta d’ingresso a fianco della canonica, erano riusciti ad asportare la parte in basso a sinistra (la figura del S.Antonio e di uno degli evangelisti) della magnifica pala robbiana situata in cornus evangelii. [...] I pezzi rubati furono ricuperati l’anno successivo presso un antiquario di Parigi a seguito di causale quanto fortuito riconoscimento da parte di una persona che aveva visto ed ammirato i capolavori robbiani a Gavinana”[16].
Riguardo il rinvenimento della refurtiva il sacerdote Carlo Migliorati narra che “... fortunatamente gli autori furono scoperti mentre tentavano di varcare la frontiera e le figure trafugate furono ricollocate al loro posto...”[17].
Particolarmente curiosa la motivazione del furto tramandata dalla tradizione orale, che vuole la formula segreta della lavorazione della terracotta invetriata, celata sotto il maialino di Sant’Antonio abate.
PALA DESTRA: LA CROCIFISSIONE
La Crocifissione |
I santi sono: San Martino a cavallo nell’atto di dare la metà del suo mantello ad un povero[19].
San Nicola di Bari, noto anche come San Niccolò, patrono dei bambini e all’origine della tradizione di Babbo Natale[20].
Il santo è identificabile dai classici attributi iconografici: la, mitra, il pastorale, la barba, i tre globi dorati e il mantello che, anziché rosso, colore difficilmente ottenibile con gli smalti ceramici[21], è verde.
Sull’altro lato della croce, abbiamo: San Gregorio I, detto Magno, papa e dottore della Chiesa, rappresentato con la colomba dello Spirito Santo ispiratrice della sua opera[22] e San Michele Arcangelo munito di spada ed ali[23].
I due santi, simbolicamente vicini, sono accomunati da un fatto accaduto durante il pontificato di Gregorio I (590-604).
L’Arcangelo apparve, sulla mole Adriana nell’atto di rinfoderare la spada al papa ed ai devoti in processione, sancendo la fine della terribile pestilenza che dilagava in Roma.
Il mausoleo Adriano, in conseguenza del miracolo, mutò nome in Castel Sant’Angelo[24].
I simboli del sole (Dio) e della luna piena (l’umanità) completano la scena della crocifissione[25], anch’essa su sfondo azzurro e racchiusa da una ghirlanda di frutta.
Dai documenti in nostro possesso non ci è dato sapere quando le due pale furono collocate nella pieve.
La Pieve di Santa Maria Assunta in Gavinana |
“Sui «libri» della Comunità, conservati nell’Archivio comunale, che menzionano cose anche di minore importanza, quali: la tavola dell’altare maggiore, l’organo, l’orologio, ecc., di queste non ne è fatta alcuna parola. Si può quindi escludere, con molta credibilità, che il collocamento delle dette pale sia avvenuto nel periodo in cui furono tenuti i registri od in epoca successiva, ché altrimenti qualche notazione si sarebbe dovuta trovare certamente. Poiché i detti «libri» hanno inizio dagli anni del ’500, viene da pensare, per semplice ed ipotetica illazione, che la sistemazione delle dette opere debba essere avvenuta in epoca ancora anteriore. E siccome è noto che la produzione dei Della Robbia era assorbita per la quasi totalità dalla famiglia de’ Medici, verrebbe fatto di supporre, per pura ipotesi, che le suddette pale possano essere state oggetto di un grazioso dono fatto alla Comunità dal Duca Cosimo I in occasione della sua visita in montagna avvenuta nell’anno 1563”[26].
Due splendide opere d’arte, ricche di significati religiosi, fuori dai soliti e a volte scontati percorsi turistici, che meritano di essere contemplati e ripagano da sole della visita al paese di Gavinana.
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[1]Comuni d’Italia, San Marcello Pistoiese, Etruria, pp. 67-68.
[2]Miscela di piombo, stagno, silice, un elemento alcalino e l’aggiunta di ossidi metallici per l’ottenimento dei tre colori resistenti alla cottura: il cobalto per l’ottenimento del blu; l’ossido di rame per l’ottenimento del verde; l’ossido di antimonio per l’ottenimento del giallo.
[3]Maria Grazie Vaccari, “Quando la terra diventa vetro”, in Della Robbia, di Giancarlo Gentilini, Francesca Petrucci, Fiamma Domestici, Giunti, 1998, pag. 19.
[4]Franca Faletti, “La Montagna”, in I Luoghi della Fede, collana coordinata da Valentino Balducci, Arnoldo Mondadori, Milano 1999, p. 144.
[5]Inventario Pieve di S. Maria Assunta Gavinana, Soprintendeza ai beni culturali e ambientali per le provincie di Firenze e Pistoia. N.inventario 23. Sec. XVI, Santi in adorazione del S.S. Sacramento, terracotta invetriata, 206×170.
[6][...]In latino Tabernaculum – diminunutivo di Taberna dal significato di Dimora, nella tradizione ebraica e cristiana significa il luogo della dimora di Dio presso gli uomini [...]. Da “Tabernacolo”, Wikipedia, l’enciclopedia libera, ottobre 2008, <it.wikipedia.org>.
[7]v. “Giovanni Battista, in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[8]Gabriella Aschieri, A Spasso per la Montagna Pistoiese, Etruria Editrice, Pistoia, 2006, p. 143.
[9]Pieve di S. Maria Assunta Gavinana, a cura di Giuseppina Carla Romby, Ecomuseo della Montagna Pistoiese.
[10]v. “Martino di Tours”, in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[11]Gabriella Aschieri…, cit, p. 143.
[12]v. “Antonio Abate, in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[13]v. “Giacomo il maggiore”, in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[14]v. “Tommaso apostolo”, in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[15]Comuni d’Italia…,cit., pp. 67-68.
[16]Piero Chelucci Palmerini, Gavinana Storie e memorie di un antico castello della montagna pistoiese, Remo Sandron, Firenze,1968, p. 143.
[17]Carlo Migliorati, Gavinana e la sua Pieve, Tipografia Pistoiese, Pistoia, 1941, pp.28-30.
[18]Inventario Pieve di S. Maria Assunta Gavinana, cit. N.inventario 22. Sec. XVI, Crocifissione, terracotta invetriata, 230×183.
[19]v. “Martino di Tours”, in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[20]v. “San Nicola di Bari” in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[21]Maria Grazie Vaccari, cit., pag 19.
[22]v. “San Gregorio I, detto Magno”, in Santi e Beati, ottobre 2008, <www.santiebeati.it>.
[23]v. “Arcangelo Michele”, in Wikipedia…, cit., ottobre 2008.
[24]Claudio Rendina, I Papi, vol. 1, Newton & Compton, Roma, 2005, p. 161.
[25]v. “Il Cristo crocifisso: il sole e la luna”, in L’Angolo di Dario, ottobre 2008, <web.tiscali.it/angolodidario/>.
[26]Piero Chelucci Palmerini, cit., pag. 143.
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